Caro 
			Giovanni,
			innanzitutto mi permetto di darti del “tu” perché, oltre ad avere le 
			tue stesse radici, il nostro legame è tanto forte da ritenerti uno 
			zio.
			Ci tengo a ringraziarti per il tuo operato, per aver cercato di 
			strappar via il marcio che contaminava e, purtroppo, contamina 
			ancora oggi, questa terra così calda, accogliente e colorata che non 
			merita la nomina di “terra mafiosa”.
			L’anno scorso, ho partecipato ad un progetto scolastico che ha 
			portato me e i miei compagni a Salamanca. Un giorno, i professori 
			dell’Istituto a cui eravamo stati affidati, ci hanno proposto 
			un’attività che consisteva nel chiedere alla gente la prima cosa che 
			veniva loro in mente pensando alla Sicilia.
			Sono rimasta delusa, poiché nove persone su dieci hanno risposto con 
			“mafia” o “mafiosi”.
			Credo tu possa capire quanto sia triste sentir screditare il luogo 
			dove poggiano le nostre radici.
			Grazie a questa esperienza, una scintilla si è “accesa” in me. Ho 
			compreso che l’età, il poco tempo, erano solo scuse o modi per 
			“snobbare” il problema della mafia.
			Da lì in poi ho cercato, nel mio piccolo, di far qualcosa: mi sono 
			documentata circa la tua vita e quella di Paolo, ho partecipato ai 
			cortei di “Libera”, e sei diventato, così, il modello a cui 
			ispirarmi per intraprendere uno stile di vita onesto e migliore.
			Non so se ti è mai capitato di affacciarti da qualche balcone del 
			tuo ufficio, solo per ammirare il cambiamento che tu, con i tuoi 
			interventi e il tuo coraggio, hai apportato in questa città.
			Uno dei cambiamenti per cui ti sono infinitamente grata è quello 
			arrecato a Fondo Micciulla, proprietà che sei riuscito a confiscare 
			alla mafia, affidandola, successivamente, all’associazione scout 
			AGESCI. 
			Ciò mi ha segnato particolarmente, tanto che, da dieci anni, faccio 
			parte di questa grande famiglia.
			Quest’anno, il mio gruppo scout ed io, stiamo affrontando i temi 
			della legalità e delle stragi mafiose e, proprio per questo motivo, 
			ci siamo interessati ulteriormente alla storia siciliana che tu, 
			insieme al tuo grande amico Paolo, hai lasciato in eredità a tutti 
			noi.
			Circa 28 anni fa, il 23 maggio del 1992, avvenne un crudele 
			attentato nell’autostrada A29 in direzione Palermo. Quel giorno, a 
			volare via, sei stato proprio tu.
			La tua morte lasciò un grande vuoto nella vita di molte persone, le 
			quali si sentirono strappar via la propria “guida”. D’altro canto, 
			come conseguenza, nell’animo di ognuno si fece spazio la paura di un 
			futuro totalmente incerto.
			Nella mente di alcuni, però, riecheggiava la tua frase “La mafia non 
			è affatto invincibile, è un fatto umano e come tutti i fatti umani 
			ha un inizio e avrà anche una fine”.
			Il tuo assassinio da subito ha scatenato rabbia nei confronti di 
			gente disonesta che pretendeva di avere il dominio delle persone 
			oneste.
			A pensarci bene, nel 1992 io ancora non ero neanche nata.
			Ad oggi, però, posso dire di conoscerti e anche molto bene.
			Io ti vedo ogni giorno, caro Giovanni. Riconosco la tua onestà nel 
			gesto di una donna, che ha ricevuto soldi in eccesso come resto, 
			dopo aver acquistato le caramelle e ritorna al supermercato per 
			ridare indietro ciò che non le appartiene. Riconosco il tuo coraggio 
			nella decisione di quel commerciante che si rifiuta di pagare il 
			pizzo e denuncia l’accaduto. 
			Per quanti anni possano passare dalla tua morte, io ogni giorno 
			imparerò un aspetto diverso della tua personalità. Questo non potrà 
			impedirlo neanche la mafia, perché, come dici tu, “Gli uomini 
			passano, le idee restano e continuano a camminare sulle gambe di 
			altri uomini”.
			
			
			
			
			
Emanuela Maria Schimmenti 4D LES