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Premio AutismoPremio Autismo

I ragazzi della IIIX del Liceo musicale hanno partecipato ad un concorso nazionale sull'autismo, bandito dall'Istituto Don Michele Arena di Sciacca. Sabato 2 aprile 2016 è stato assegnato loro il primo premio, per il racconto inviato, per la Sezione delle scuole secondarie di secondo grado.



RACCONTO : DUE PER CINQUE DIECI, A PRANZO PASTA E CECI (scarica il racconto in formato pdf)











Concorso nazionale “Raccontami l’Autismo” - II edizione a.s.2015/2016

DUE PER CINQUE DIECI, A PRANZO PASTA E CECI


Mentre respiro qui adesso con voi, il mio pugno si stringe. Mi sento una foglia di chissà quale albero che vaga senza ragione e senza meta, condotta dal vento. E come un sasso bianco e immobile che sente il respiro degli altri ma non ne fa parte.

Alberi, case e macchine hanno attraversato il mio sguardo fino all’impatto con l’aria calda di scirocco che mi soffoca. Nessun viso familiare oggi ad accogliermi. Mi ritrovo catapultata ai piedi delle scale e non so come. Voci si sovrappongono e feriscono le mie orecchie. Mi ritiro in un angolo, con il viso rivolto verso il muro e comincio a mandare su e giù il mio indice tra la punta del naso e il mento. Trasformo i sibili che mi arrivano in una cantilena consolatoria e me la canticchio a voce sempre più alta per coprire la confusione intorno a me. Non so più dove sono e cosa mi attende. Smarrimento e agitazione mi gettano in uno stato di angoscia crescente. Meglio chiudere gli occhi e ritirarmi nel mio mondo. Non so quante parole siano passate, tante! Un paio di mani salde sulle mie spalle mi costringono a girarmi: magliette vedo, magliette di tanti colori che si agitano, si avvicinano e si allontanano e una voce che pronuncia il mio nome e mi sussurra una canzone che conosco. Sono a scuola, come tutte le mattine! Qualcosa però è andato storto ed io non ho saputo dire “voglio andare in classe”. So rispondere sì o no se mi fanno la domanda giusta, altrimenti, il più delle volte, sento sfrecciare nella mia testa tanti possibili suoni o parole, ma non riesco ad afferrare e tenere insieme quelle che mi servono.
Finalmente una stanza familiare, tanti occhi conosciuti e tante voci che salutano il mio nome. Sono in classe. Il mio banco è vuoto; poso lo zaino, mi spoglio del giubbotto e aspetto la chiave per aprire il mio armadio delle meraviglie. Come ogni giorno tiro fuori il calendario delle attività e con l’aiuto di Emma inserisco la data, le foto di chi lavorerà con me, le materie che dovrò studiare, in successione corretta, e le attività che voglio fare coi compagni. Soprattutto decido se suonare o ascoltare musica, se studiare con Rosy grande o con Marika, se fare merenda in classe o al sole. Adesso finalmente posso rilassarmi: ogni cosa è decisa, tutto è al suo posto e io so con esattezza ciò che farò questa mattina. Ascolterò una storia e guarderò le immagini che la accompagnano; risponderò a delle domande e farò dei giochi per capire meglio cosa sto studiando. Ci sarà scritto bravissima sulla pagina di oggi e tre stelline coloreranno la riga accanto ad “attività” del mio calendario e poi sì, anche una caramella per solleticare il mio palato.
Ora però è il momento di suonare! Da piccola ero un po’ strana, non mi attiravano le cose che piacciono agli altri bambini. Papà, proponendomi mille attività che avrebbero potuto interessarmi e calamitare la mia attenzione, scoprì il mio talento musicale. Il pianoforte da allora accompagna tutte le mie giornate, a volte anche fino a tardi, sino a togliermi il sonno. Sì adesso voglio proprio suonarlo; cerco l’immagine tra tante e scelgo il compagno che verrà con me. Quest’anno il mio preferito è Daniel. È sempre molto dolce ed è una voce calma e profonda. Mi insegna a suonare una musica medievale che conosce bene. Guardo le sue mani muoversi sui tasti, memorizzo la sequenza e poi provo anch’ io, non ho bisogno dello spartito. Imprimo i suoni indelebilmente nella mia mente. Provo e riprovo fino a riprodurre quelli esatti, uno dietro l’altro. Mi registro; mi piace riascoltarmi e poi aspetto che chi è con me mi regali un applauso. Anche cantare mi piace, adoro tenere il microfono in mano e ascoltare la mia voce fluida e cristallina che formula frasi ben costruite che gli altri capiscono bene, io a volte un po’ meno. È così che ho imparato le tabelline, una rima cantata per ogni prodotto: due per cinque dieci, a pranzo pasta e ceci; tre per sei diciotto, esco col cappotto; tre per tre nove, guarda come piove!
Sono speciale, così sento che gli altri mi definiscono quando parlano di me; sono AUTISTICA.
I miei compagni di classe capiscono che mi piacerebbe comunicare come comunicano gli altri e dire cosa provo esattamente, e sanno anche che mi piace passare il mio tempo con loro e con le persone che mi vogliono bene, anche se non lo dico. Qualcuno capisce persino che vorrei trascorrere più tempo in loro compagnia, anche al di fuori della scuola, per condividere gli svaghi di ognuno. Altri vorrebbero persino essere me per essere più allegri e felici come io appaio.
Sanno che gli animali piccoli mi fanno paura, soprattutto se hanno quattro zampe, saltano e abbaiano. Ne incontro uno, Kicco, tutte le volte che da scuola vado verso il bar per la merenda e scelgo la mia preferita, la pizzetta con le patatine fritte. Però mi piacciono i cavalli, quattro zoccoli duri e rumorosi che scandiscono sull’asfalto un ticchettio regolare. Qualcuno deve aver capito che volevo toccarlo, un cavallo, e così via, metto un piede su e porgo la mia mano lasciandomi tirare. Mi siedo. Siamo dietro al cavallo, “sulla carrozza”, mi dice la voce accanto a me. C’è il sole e tante figure che mi passano accanto sempre più velocemente; il vento mi tira indietro i capelli e io mi sento agitare su e giù. Chiudo gli occhi ed esce dalla mia bocca un suono ben articolato in parole, “Spinacina, cosa sta succedendo?”. “La carrozza si muove”, dice; io riapro gli occhi e sorrido. Bello andare in carrozza, penso.
Mi piace nuotare, adoro l’acqua e muovermi avanti e indietro come un pesce che scivola via e guizza impazzito qua e là. Mi piacciono i pesci, mi piace osservarli; davanti ad una fontana potrei restare ore a guardarli, come quel giorno in cui mi fiondai in un negozio di occhiali con un meraviglioso acquario situato in fondo alla grande stanza. I compagni che erano con me non capivano da cosa fossi stata attratta. Tutti quegli occhiali esposti sugli scaffali e nelle vetrine, in realtà mi procuravano una grande confusione. Per un momento però riuscì a concentrarmi solo su quel parallelepipedo trasparente con effetto tridimensionale, che accoglieva tantissimi pesci e vivaci colori. Il mio preferito era il pesce pagliaccio, proprio con il suo sgargiante arancione. Non volevo più scrollarmi da quella acquatica visione, tanto che dopo mi ritrovai a casa non so come, quasi teletrasportata, come se quanto successo dopo l’acquario fosse stato rimosso dalla mia mente; ormai ci sono tanto abituata.
Talvolta mi capita di abbandonare la realtà e le persone che sono con me. Devono restarci davvero male visto che fanno di tutto per riportarmi lì con loro: ripetono il mio nome; cantano canzoni che conosco, nella speranza che venga voglia di cantarle anche a me; mi fanno il solletico sulla mano, soffiano sui miei capelli oppure mi porgono quel mappamondo di gommapiuma che mi piace tanto fare rotolare nelle mani. La verità è che riesco a concentrarmi solo su cose che mi piacciono davvero tanto. E chi del resto si diverte a fare cose poco piacevoli!? Non mi distraggo quasi affatto quando vado a suonare con i compagni nel salone di musica d’insieme. Mi piace ascoltare loro che suonano; mi piace che accompagnino il mio pianoforte con flauti, clarinetti e percussioni. Mi diverte tenere in mano le bacchette e ripetere i ritmi che Luca mi insegna pazientemente. Adesso riesco persino a suonare a quattro mani con Beatrice.
Io sono come sono; vi sussurrerei all’orecchio che dovreste essere pure voi un po’ come me. È bello potersi meravigliare davanti ad ogni cosa, non avendo categorie consolidate e granitiche dentro le quali imprigionare tutto e imprigionarvi. Ogni esperienza può essere fluttuante se si è come me, ci può essere bellezza ovunque, in tutto si può trovare il bel gioco che può farci stare bene.
Grazie per avermi prestato la vostra voce e le vostre parole. Io non avrei saputo dire tutto ciò con le mie.