Il virus Covid 19 muta, ma i vaccini sono efficaci
Coronavirus: recenti mutazioni e scoperte scientifiche

Federica Chiappara 5° Z

studio mutazioniOrmai da più di un anno conviviamo con questo insidioso virus, il Covid-19, appartenente alla famiglia dei coronavirus e che ha portato ad una pandemia globale. Da qualche mese, abbiamo anche assistito al mutare del virus, che ha portato a diverse varianti, tra cui quelle inglese, brasiliana e sudafricana. Niente di strano, perché ogni volta che si diffonde un’epidemia, il virus può mutare per sopravvivere. La scienza ha già una spiegazione ben chiara del fenomeno. La conoscenza della genetica e gli studi scientifici condotti ogni qual volta si verifica un’epidemia, hanno permesso di avanzare nella conoscenza del meccanismo della mutazione virale. Sappiamo che i virus contengono al loro interno informazioni genetiche, che usano per sopravvivere e moltiplicarsi. Maggiore è la popolazione infetta, maggiori sono le possibilità che un virus muti. Tuttavia, non è corretto associare la domanda su come mutano i virus alla loro letalità. La maggior parte dei virus mutano verso forme più lievi per sopravvivere, se diventassero ancora più letali, infatti, perderebbero i loro ospiti e la possibilità di propagarsi. Come quando parliamo di evoluzione delle specie, dove in generale i cambiamenti favorevoli casuali vengono utilizzati per sopravvivere meglio all’ambiente, anche nel campo dei virus accade più o meno la stessa cosa.
La prima mutazione del Covid-19 ad oggi conosciuta, è la variante inglese. È stata identificata per la prima volta a metà settembre in Inghilterra, A Londra e nel Kent rappresentava il 28% dei casi a metà novembre e il 62% la settimana del 7 dicembre. Significa che è diventato il ceppo maggioritario in pochissime settimane. “La variante del virus non causa sintomi più preoccupanti della sua versione ‘originale’ ma è fino al 70% più trasmissibile. Potrebbe, inoltre, avere un impatto sui bambini leggermente superiore rispetto al ceppo diffusosi in precedenza, considerato, finora, a basso rischio statistico per i più piccoli”. Lo ha affermato Neil Ferguson, professore di infettivologia e di biologia matematica all'Imperial College di Londra e consulente di spicco del governo britannico, considerato uno degli strateghi del primo lockdown di primavera. Uno dei dubbi emersi dopo la comunicazione della presenza della "variante inglese" riguarda l’efficacia dei vaccini che stanno arrivando sul mercato. Le principali mutazioni che si sono registrate nel tempo, comprese quelle della nuova variante, sono localizzate nella proteina spike. Tale proteina serve al virus per penetrare all’interno delle cellule umane. I vaccini sono sviluppati proprio a partire da questa proteina. Il sistema immunitario, grazie al vaccino, produce moltissimi anticorpi di tipo differente in grado di riconoscere diverse porzioni della proteina spike. Per questa ragione, la possibilità che i vaccini appena sviluppati non siano efficaci, è remota e tutta ancora da dimostrare. Le ipotesi sull’origine della variante sono 3:
la prima: si è sviluppata in un paziente immunodepresso che, contagiato, ha avuto per lungo tempo l’infezione prima di guarire, favorendo l’accumulo di tante piccole mutazioni.
La seconda (meno probabile): il virus è passato dall’uomo all’animale e poi è tornato all’uomo dopo essere mutato.
La terza: la variante è già ampiamente diffusa in tutta Europa e Londra ha saputo scovarla per prima grazie all’azione investigativa.
La variante sudafricana, invece, è stata identificata per la prima volta in Sudafrica a metà novembre 2020. Sembra avere una maggiore trasmissibilità persino di quella inglese. Sebbene ci sia un’incognita ulteriore rispetto alla variante inglese, gli scienziati che stanno lavorando per la caratterizzazione, sono fiduciosi che i nuovi vaccini contro il Covid-19 siano comunque efficaci e conferiscano protezione nei confronti di diverse varianti del coronavirus, anche quella sudafricana. I vaccini, infatti, promuoverebbero la produzione di diversi tipi di anticorpi e il virus dovrebbe mutare tanto e in modo sostanziale per eludere completamente l’azione del sistema immunitario. Non è però da escludere che l’efficacia sia inferiore e serviranno informazioni in più.
La variante scoperta più recentemente è, infine, quella brasiliana. Isolata ai primi di gennaio dall’Istituto nazionale giapponese per le malattie infettive, si sta diffondendo soprattutto nello Stato brasiliano di Amazonas. A Manaus, capitale dello stato, il virus ha sviluppato la mutazione giusta per tornare a essere in grado di colpire non solo quelli che non aveva ancora infettato, ma in qualche caso a quanto pare anche quelli che si erano già ammalati. Nonostante, quindi, si sappia davvero poco di quest’ultima variante, è molto probabile che sia ancora più cattiva delle precedenti; è proprio per questo motivo che il ministro della salute italiano Roberto Speranza ha deciso di chiudere i voli dal Brasile.
Fortunatamente, il vaccino non è più un’utopia e già in tutto il mondo sono state distribuite le prime dosi. La vaccinazione mira a fornire una protezione diretta contro le evoluzioni gravi della malattia e a ridurre o prevenire l'ospedalizzazione e i decessi. Per il momento Swissmedic ha autorizzato i vaccini di Pfizer/BioNTech e di Moderna. Secondo i dati dell’Istituto svizzero per gli agenti terapeutici, la protezione vaccinale è superiore al 90% sette giorni dopo la seconda vaccinazione. Tuttavia, non è ancora possibile farsi un'idea della durata della protezione di questi vaccini. Infatti, è possibile che l'efficacia dei vaccini messaggeri contro l'RNA possa rimanere molto elevata (95%) per anni, o possa diminuire dopo 3-4 mesi e poi stabilizzarsi, o possa diminuire continuamente. Non si può quindi ancora escludere che la vaccinazione periodica, forse annuale, sia necessaria per le persone a rischio, come nel caso dell’influenza.
Nei giorni successivi alla vaccinazione, alcuni effetti collaterali possono manifestarsi e scomparire, nella maggior parte dei casi, nel giro di pochi giorni.

Vaccino di Pfizer/BioNTech
vaccinoSulla base delle osservazioni realizzate su 8.000 persone di età superiore ai 55 anni, in studi clinici di fase 3 del vaccino Pfizer/BioNTech:
In circa 7 persone su 10, la puntura provoca un dolore, sul momento, da lieve a moderato. Circa 1 persona su 20 sviluppa anche un arrossamento e/o prurito transitori.
Possono verificarsi anche sensazioni di stanchezza (nella metà dei vaccinati), mal di testa (in circa 2 persone su 5), brividi, dolori muscolari o articolari (circa 1 persona su 5). Circa 1 persona su 10 sviluppa una febbre transitoria, e 1 persona su 12 sviluppa diarrea.
Vaccino di Moderna
Sulla base delle osservazioni realizzate su 15.000 persone che hanno ricevuto il vaccino nella fase 3 degli studi clinici:
In circa 9 persone su 10, la puntura provoca, sul momento, un dolore da lieve a moderato. Circa 2 persona su 20 sviluppa anche un arrossamento transitorio e/o prurito.
Possono verificarsi anche sensazioni di stanchezza (in due terzi delle persone vaccinate), mal di testa (in circa 3 persone su 5), brividi, dolori muscolari o articolari (in circa 2 persona su 5). Circa 2 persona su 10 sviluppa una febbre transitoria.
Esiste poi anche un altro vaccino sviluppato da AstraZeneca e università di Oxford.
Inizialmente autorizzato solo in due Paesi nel mondo, il Regno Unito e l’Argentina, che hanno dato il via libera al vaccino AstraZeneca, da qualche mese anche gli altri paesi europei, tra cui l’Italia, hanno iniziato a somministrarlo su alcune categorie come i docenti e le forze armate e di polizia, particolarmente esposte ai rischi di contagio nei luoghi di lavoro.
In realtà, un vaccino, prima di essere approvato, deve essere "sicuro" ed "efficace". Sul primo requisito non ci sono remore, il vaccino di Oxford non è pericoloso, mentre sulla seconda caratteristica, l’EMA, agenzia europea del farmaco, ha ancora qualche dubbio.
Gli studi non sono stati in grado di identificare eventuali effetti collaterali rari o quelli che si verificherebbero dopo 3 mesi e particolare scalpore hanno suscitato alcune “morti sospette” dopo la somministrazione del vaccino AstraZeneca, tanto da bloccarne la somministrazione per alcuni giorni. I risultati finora ottenuti evidenziano, però, che i rischi della malattia da nuovo coronavirus sono nettamente superiori a quelli del vaccino. Questi vaccini sono, attualmente, somministrati a milioni di persone in tutto il mondo.
In Italia la somministrazione iniziale di 1.843.725 dosi di vaccino su tutto il territorio nazionale è iniziata il 31 dicembre 2020, ed è divisa in 4 fasi indicate dal governo, che sono state modificate a inizio febbraio 2021 con un totale, ad oggi, di 3.694.019 persone vaccinate (6,19% della popolazione), cui sono state somministrate sia la prima che la seconda dose e circa 8 milioni di persone che hanno ricevuto la prima dose di vaccino (14 % della popolazione).
Nelle fasi iniziali, i vaccini sono stati distribuiti a categorie prioritarie come:
-Operatori sanitari e sociosanitari. Gli operatori sanitari e sociosanitari, sia pubblici che privati accreditati, hanno un rischio più elevato di essere esposti all'infezione da COVID-19 e di trasmetterla a pazienti suscettibili e vulnerabili in contesti sanitari e sociali. Inoltre, è riconosciuto che la vaccinazione degli operatori sanitari e sociosanitari in prima linea aiuterà a mantenere la resilienza del servizio sanitario. 
-Residenti e personale dei presidi residenziali per anziani. Un'elevata percentuale di residenze sanitarie assistenziali (RSA) è stata gravemente colpita dal COVID-19. I residenti di tali strutture sono ad alto rischio di malattia grave, a causa dell’età avanzata. 
-Persone di età avanzata. Un programma vaccinale basato sull’età è generalmente più facile da attuare e consente di ottenere una maggiore copertura vaccinale. È anche evidente che un programma basato sull'età aumenti la copertura anche nelle persone con fattori di rischio clinici, visto che la disabilità aumenta con l'età. Pertanto, considerata l’elevata probabilità di sviluppare una malattia grave e il conseguente ricorso a ricoveri in terapia intensiva o sub-intensiva, questo gruppo di popolazione rappresenta una priorità per la vaccinazione. 
Ma la campagna di vaccinazione prosegue senza sosta: la platea dei vaccinati va infatti allargata ai soggetti fragili e ad altre categorie particolarmente esposte al rischio di contrarre il virus, con la previsione di raggiungere una copertura in grado di contenere il numero di contagi e, soprattutto, di azzerare il numero di morti ancora purtroppo alto, nel nostro paese.











































































































































































































































































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IL BULLISMO DIETRO L’ANGOLO
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LE VIOLENZE MORALI e il BULLISMO
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